mercoledì 25 aprile 2012

War horse


War horse

(Steven Spielberg, 2011)



Un piccolo possidente del Devon compra ad un asta un cavallo per 30 sterline (un prezzo spropositato). Per evitare che il cavallo venga rivenduto o ucciso, Albert, il giovane figlio del possidente, che gli si è subito affezionato, lo alleva e gli insegna a dissodare il terreno. Tuttavia, allo scoppiare della Grande Guerra, il padre, travolto dai debiti, è costretto a vendere il cavallo, Joey, all’esercito inglese. Joey diventerà quindi il cavallo da guerra del generale Nicholls, che promette di averne cura, ma che morirà in uno scontro in Francia. Da quel momento in poi Joey passerà di padrone in padrone: due ragazzi dell’esercito tedesco, che però vengono fucilati per diserzione; Emile, una ragazzina francese che vive da sola col nonno; di nuovo l’esercito tedesco che sottrae brutalmente il cavallo alla ragazzina; infine tornerà all’esercito inglese dopo essere riuscito a scappare ed essere stato salvato dalla terra di nessuno, impigliato fra i ferri.
Nel frattempo, Albert, diventato maggiorenne, può anche lui arruolarsi nell’esercito. Resta solo da scoprire se lui e il suo amato Joey riusciranno a ritrovarsi.


War horse è stato tratto dall’omonimo romanzo di Michael Morpurgo ed è stato candidato a sei premi Oscar (ma non ne ha vinto nemmeno uno, chissà come mai).
Spielberg mette in scena una sorta di Odissea, una saga epico-equina, in cui si intrecciano le storie, tutte commoventi, di moltissime persone. Nonostante l’inizio del film sia un po’ lento e pesante, viene supportato da magnifici paesaggi (teoricamente britannici, in realtà statunitensi e indiani) e dai forti sentimenti che vengono mostrati nel film che che lo stesso spettatore si trova a condividere. Con lo scoppiare della guerra, il ritmo del film si fa leggermente più incalzante, i drammi dei vari personaggi sono maggiormente sentiti, mentre all’inizio si trattava solo dell’affetto di un ragazzino che non vuole perdere il suo cavallo. Veniamo travolti da storie familiari e umane tutte abbastanza strazianti. 
Molto riuscita, a mio parere, la scelta di Spielberg di utilizzare attori inglesi, francesi e tedeschi per intepretare personaggi della rispettiva nazionalità, che rende tutti gli scenari più verosimili. Inoltre il messaggio che viene trasmesso dal film è che sia i buoni che cattivi si possono trovare in entrambe le fazioni. Non c'è un popolo che incarna il Bene e un altro che incarna il Male (anche se la storia è vista dalla prospettiva inglese).
Gli attori li ho trovati tutti molto bravi, sebbene, per motivi di tempo si trovino a fare delle brevi comparse. Tra i più famosi (e bravi): David Thewlis (ultimamente celebre per essere il Remus Lupin nella saga di Harry Potter) che compare all’inizio come antipatico signorotto locale, Benedict Cumberbatch (l’altrettanto celebre Sherlock Holmes della BBC) e Tom Hiddleston (conosciuto principalmente per il ruolo di Loki in Thor e in The Avengers), che intepretano due generali dell’esercito britannico. L'unico attore che non mi ha particolarmente convinto è stato il protagonista, Jeremy Irvine, che però è alla sua prima esperienza cinematografica.
Nonostante le buone premesse, l’ottimo cast e i meravigliosi paesaggi, trovo che Spielberg abbia cercato il pathos e la tensione emotiva a tutti i costi e che questo risulti fin troppo evidente. Ogni personaggio che compare nel film, porta con sé una storia drammatica e strappalacrime, che ce lo fa prendere immediatamente in simpatia, e che subito dopo muore, altrettanto tragicamente. Tutto questo corredato da battute appositamente ricche di sentimento (troppo!) e da una storia d’amore equina, in cui i cavalli dei due generali britannici non fanno che cercare di sacrificarsi l’uno per l’altro. Ho trovato che il film fosse un susseguirsi di cliché cinematografici (che, appunto, si sono già visti in altri film), che vengono qui messi in vetrina tutti insieme, con l’evidente scopo di communovere lo spettatore. 
Su internet girava una simpatica parodia del titolo, My lovely horse. Sì, perché oltre a tutto il resto, c’è l’esagerato e poco credibile affetto che Albert prova per questo cavallo, il suo desiderio di rivederlo che diventa la sua unica priorità. E questo sentimento di rispetto, affetto, attaccamento a Joey (che presenta caratteristiche e sentimenti quasi umani) lo prova qualsiasi altro essere umano che entri in contatto con lui: ad esempio, l’unico momento in cui tedeschi e inglesi collaborano avviene quando tentano di liberare Joey dal filo spinato. E’ davvero possibile che la guerra si fermi per salvare un cavallo?
Gli aspetti positivi del film sono l’ottima capacità di intrecciare tante storie diverse e di riuscire a dare loro completezza in un tempo comunque breve, di riuscire a caratterizzare ogni singolo personaggio e di riuscire a farci affezionare ad esso.
Tuttavia, forse per l'eccessiva aspettativa di cui era stato caricato il film, io ho trovato che Spielberg abbia calcato un po’ troppo la mano. La storia effettivamente bella e commovente e (almeno dalla seconda parte) decisamente piacevole, solo che trovo eccessivi e artificiosi il lirismo e il pathos presenti in quasi ogni scena. 


4 commenti:

  1. W LOKYYYYYYYYYYYYYYYYYYYY CHE MUORE SUBITO!!! <3<3<3

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    1. Carissimo fratello, please, scrivi commenti intelligenti, che questa è una recensione seria.
      :p

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  2. Mi ha attirato il trailer di questo film, dev'essere carino.

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