mercoledì 11 aprile 2012

In Time


In Time

(Andrew Niccol, 2011)


In Time è un film che ci presenta un possibile futuro in cui le persone sono programmate per vivere fino a 25 anni, data dopo la quale non invecchieranno più. Tuttavia, per continuare a vivere, devono acquistare tempo, che è l’unica valuta di scambio. Come in qualsiasi altra società, ci sono forti discriminazioni tra “i ricchi”, che possono vivere per sempre, e “i poveri”, per i quali un momento qualsiasi potrebbe essere l’ultimo,  e che vivono isolati all’interno di un ghetto (zona 12), separato dalla popolazione privilegiata.
La storia inizia quando il protagonista, Will, un ragazzo “povero”, si vede inaspettatamente consegnare 116 anni di vita da uno sconosciuto, uno uomo abbiente che dice di essere stanco di vivere. Will, quindi, decide di trasferirsi nella zona 1. Ma lì iniziano i guai, perché Will attira l’attenzione di uno dei Guardiani del Tempo, che devono assicurarsi il corretto funzionamento di questo sistema tempo-centrico  e, insieme a Sylvia (la figlia dell’uomo più potente della città), si trova a dover scappare da lui e dai Minute-men (una sorta di banda mafiosa del ghetto).  Seguiranno quindi una serie di fughe forsennate, brutali corpo a corpo e improvvisi ribaltamenti delle situazioni, in cui i due protagonisti sono costretti a muoversi clandestinamente per cercare di fare giustizia e di distribuire il tempo alle persone meno fortunate.




Il protagonista è Justin Timberlake (che per ovvie ragioni fa come primo mestiere il cantante) e questo è poco promettente. La co-protagonista è Amanda Seyfried, che è un’attrice sulla cresta dell’onda, giovane, bella e che ha recitato in film molto diversi tra loro (quindi ha dimostrato di essere talentuosa). Tuttavia, in In Time viene rovinata da un caschetto castano assolutamente innaturale ed è alle soglie dell’anoressia: altro punto a sfavore del film.
Ciò nonostante, il principio alla base della storia è formidabile, abbastanza interessante da spingere anime ingenue e ottimiste come me ad andare a vedere questo film al cinema. Quest’ idea bella e originale è stata utilizzata in un modo poco brillante, proprio quando poteva aprire ad infinite possibilità. Gli sceneggiatori avrebbero potuto inventarsi qualsiasi cosa con il tempo come moneta di scambio, questo film avrebbe potuto essere un capolavoro. Ma non è così.
Il film inizia bene, catapultando lo spettatore in questo strano universo, per certi versi diverso dal nostro, con Will (Justin Timberlake) che bacia e abbraccia Olivia Wilde, che nella realtà è addirittura più giovane di lui (e che per me rimarrà per sempre n° 13 di Dr. House), e solo dopo si scopre che è sua madre. Shock iniziale azzeccato.
Tuttavia, da quel momento in poi ogni battuta è assolutamente prevedibile, ogni mossa scontata, non ci sono né suspense né colpi di scena. Qualsiasi riferimento al tema sociale viene brillantemente glissato, nulla viene problematizzato (ad esempio il tema riguardante il padre di Will, eroe  prima del figlio, che ha preferito muoversi nell’anonimato), qualsiasi complicazione si risolve per puri colpi di fortuna. Il tutto corredato da scene, ahimè, evitabili: per esempio, troviamo Amada Seyfried deve correre per salvare la propria vita su esagerati tacchi 15, che neanche in Sex and the City.
Però, gli antagonisti sono stati scelti con più cura: abbiamo un Alex Pettyfer (idolo delle ragazzine dopo Stormbreaker, Beastly e Sono il numero quattro), che tuttavia viene visibilmente imbruttito per intepretare un mafioso un po’ tamarro. Un cattivo, tuttavia, che non ha alcun spessore e il cui unico compito è quello di mettere per un po’ i bastoni tra le ruote ai nostri eroi. Invece, il cattivo (quello serio) è interpretato da Cillian Murphy, ottimo attore, viso particolare che rimane impresso, altissima densità di lentiggini, e abbonato alle parti da antagonista (un esempio per tutti il Batman di Nolan). Su di lui si può notare un rapido tentativo di introspezione psicologica (il Guardiano del tempo arriverà a chiedersi cosa è giusto e cosa è sbagliato), che però non viene approfondito. Il suo personaggio sembra un po’ incompetente e innegabilmente sfortunato, nemmeno lui  riesce davvero a mettere alle strette Will. Inoltre la sua fine è “grottesca”, non all’altezza del personaggio, non c’è una vera e propria lotta finale.
Il film può essere riassunto come la storia di un novello Robin Hood, che ruba ai ricchi per dare ai poveri, e semplificato, banalmente, con la morale “il tempo è denaro”.
Il film si conclude prima che si possa scoprire quali siano le conseguenze (probabilmente disatrose) che comporterebbe un soverchiamento della società nel caso in cui Will riesca davvero a donare abbastanza tempo ai poveri.

Quindi, a mio parere, In Time non è un granché, ma trovo che sia perfetto per qualcuno che cerca un film leggero da guardare in compagnia, alla fine io mi sono divertita al cinema.
Tuttavia, ho notato numerose somiglianze tra In time e Gattaca, un film del 1997 dello stesso regista, Andrew Niccol. Si parla sempre di un possibile futuro, di lotte di classe e c’è un protagonista che tenta la scalata sociale. L’ambientazione è molto più cupa, i problemi ci sono davvero, i temi etici pure, le grandi domande anche. Quindi per chi vuole un film da gustarsi con calma e su cui riflettere suggerisco invece questo.




Lelisa


7 commenti:

  1. Ottimo lavoro Lelisa!
    Io ho visto anni fa Gattaca e mi è piaciuto veramento molto, appena posso cercherò di vedere anche questo film.
    Gattaca è un film curato nei minimi dettagli, a partire dal titolo che rappresenta un pezzetino di DNA infatti G A T e C sono le sigle dei nucleotidi (i mattoncini che costituiscono il DNA)
    E poi nell'appartamento dove si svolge gran parte del film c'è una grossa scala a chiocciola: anch'essa rappresentazione della doppia elica del DNA.
    Continua così Lelisa, non vedo l'ora di leggere la tua prossima recensione...
    V.a.

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  2. Grazie mille per tutti i complimenti! :) Non sapevo la storia del titolo di Gattaca, comunque concordo sul fatto che è davvero un ottimo film!

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  3. Ieri sera ho visto il film "in time"...mi è decisamente piaciuto per il "messaggio" che trasmette, molto attuale (altro che futuro)...una frase mi ha particolarmente colpito, uno scambio tra i due protagonisti:

    "come puoi vivere vedendo la gente morire davanti a te?"
    "non guardi...chiudi gli occhi"

    Quante volte chiudiamo gli occhi? Quante volte volgiamo lo sguardo da un'altra parte pur di non soffermarci con una sguardo su una persona che soffre??

    V.a.

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