mercoledì 6 giugno 2012

Wuthering Heights


Wuthering Heights

(Andrea Arnold, 2011)



Wuthering Heights è stato tratto dall’omonimo romanzo di Emily Brontë del 1847.
La storia narra di Heathcliff, ragazzino orfano adottato dal padre di Cathrine, del suo amore per lei e di come questa passione alla fine li distrugga entrambi.


Io non ho letto Wuthering Heights (ovvero Cime Tempestose) perché non sono una grande fan delle storie strappalacrime delle sorelle Brontë. Il titolo l’ho dovuto lasciare in inglese perché questo film non è stato distribuito in Italia (sebbene sia stato presentato al Festival del cinema di Venezia nel 2011), ma sul web è conosciutissimo da tutti gli appassionati del genere. 

Come ho detto, non amo particolarmente questo genere di romanzi (i film già di più), ma questo si merita una menzione particolare. Di film dedicati a Cime Tempestose io ne ho visti altri due: il più famoso, del 1992, con Ralph Fiennes e Juliette Binoche, e la serie tv in due parti del 2009 con Tom Hardy e Charlotte Riley, anche questa non distribuita in Italia. Insomma, si tratta di nomi famosi e di produzioni relativamente importanti, eppure questi due film non mi sono piaciuti molto, quello del 1992 per niente (pur adorando Ralph Fiennes).
Questo Wuthering Heights invece ha attori sconosciuti o quasi e si è molto discostato dal testo della Brontë. Eppure quella che potrebbe sembrare una sconsideratezza della regista, io lo chiamo coraggio, perché questo è il film che più mi ha emozionato, che più mi ha fatto percepire le atmosfere che realmente si dovevano respirare in quel romanzo per l’epoca un po’ selvaggio. 
Innanzitutto, la versione della Arnold non rispetta i tempi del romanzo, ma approfondisce solo la prima metà, riguradante il rapporto tra Cathrine e Heathcliff, tralasciando completamente la parte relativa ai rispettivi figli. Il punto forte del romanzo è proprio la sua struttura a matrioska che incastra le storie dei padri e dei figli mettendole anche in parallelo, ma i film precedenti forse non erano riusciti proprio perché in un’opera cinematografica non c’è tempo per realizzare compiutamente una storia così complicata. Invece la Arnold, soffermandosi solo sulla prima parte (tra l’altro la più coinvolgente, a mio parere), adotta un’idea vincente e si prende tutto il tempo per analizzare il rapporto e i sentimenti dei due protagonisti.
Ho trovato questa pellicola molto meno impostata rispetto alle atre due. In questa non ci sono grandi case, vestiti costosi e giardini curati. Qui si è davvero sul bordo di vette burrascose, di cime tempestose: i protagonisti vivono in una casa grande per l’epoca, ma comunque si tratta di una catapecchia; intorno alla casa non ci sono strade o altri villaggi, ma la brughiera sembra estendersi all’infinito e gli unici suoi abitanti sono piccoli animali; questo luogo inospitale (che comunque esercita un grande fascino) è costantemente battuto dal vento, i capelli della protagonista sono sempre in disordine; le donne partoriscono in piedi nei campi; i vestiti sono semplici; i ragazzini che si rotolano nel fango per giocare rimangono sporchi e quando ci sono risse, esce sangue dalle ferite.
E tuttavia, la regia è attentissima, ogni singola scena ha la sua commovente poesia. I colori sono bellissimi, anche perché tutto è circondato dal verde, il giallo e il marrone della natura e da tutte le variazioni di colori che può avere il cielo, spesso in tempesta. Inoltre, il film è ricco di lunghi silenzi: predomina il rumore del vento, degli animali, del lavoro nei campi o in casa. Insomma, si tratta di uno stile di regia che io amo moltissimo! Gran bei paesaggi, gran bei colori, poche parole, perché i sentimenti dei personaggi si comprendono dalle loro azioni.
Ho trovato questo film molto realistico (sono totalmente d’accordo con la definizione di realismo documentario) anche per i pochi dialoghi. In effetti non c’è bisogno di analizzare ogni singolo passaggio, quando l’amore è passione, ci si lascia travolgere dalle azioni. Gli sguardi contanto più delle parole, che, davvero, in certi casi sono inutili. Soprattutto per il personaggio di Heathcliff, un selvaggio, che negli altri film si esprime come un nobilotto dell’800, mentre qui all’inizio quasi non sa parlare e, anche alla fine del film, pur essendo riuscito a fare fortuna e probabilmente anche a istruirsi, mantiene il suo carattere chiuso e selvatico, ruvido nei modi di fare. 
L’altra grande novità di questo film è il fatto che Heathcliff sia un ragazzo di colore. All’inizio non ero molto convinta, ma stranamente è una scelta che non stona affatto col resto dell’ambientazione! Anzi, forse è più in linea e vicina alle nostre esperienze, dato che comunque le persone con la pelle scura hanno maggiore difficoltà a inserirsi nella comunità.
Ho letto che inizialmente per il ruolo di Heathcliff si era pensato a Michael Fassbender. D’altronde la regista, Andrea Arnold, l’aveva già diretto nel 2009 in Fish Tank (altro film parecchio interessante e disperato, davvero molto bello) e nessun regista rimane immune al fascino e talento di Mr. Fassbender. Comunque alla fine meglio che non sia stato lui il protagonista, perché nel 2011 è uscito sempre con lui Jane Eyre, tratto dal romanzo di Charlotte Brontë e la coincidenza avrebbe fatto un po’ ridere. Poi si è pensato a Ed Westwick, che vi scongiuro no. Invece il ruolo di Catherine pare fosse scritto per Natalie Portman e su di lei non c’è nulla da ridire! Dopodiché sono entrate in gioco Abbie Cornish e Gemma Arteton, che però sembrano abbonate ai film in costume ambientati nell’800, quindi meglio di no. 
Tutto questo per dire che gli attori che sono stati scelti sono perfetti! Innanzitutto è stata un’ottima cosa scegliere attori differenti per fare i due protagonisti da ragazzini e poi da adulti, mentre negli altri film venivano usati gli stessi dai 15 ai 40 anni circa ed era poco credibile.
Heathcliff viene interpretato prima da Solomon Glave e poi da James Howson, mentre Catherine da Shannon Beer (ed è un piacere vedere un’attrice giovane, brava e non scheletrica) e da Kaya Scodelario (molto brava, ma famosa quasi solo ed esclusivamente tra gli adolescenti per il suo ruolo nella serie tv britannica Skins).
In poche parole: anche se non è uscito in Italia, questo film merita davvero tanto! E se vi piace il genere, procuratevelo.





2 commenti:

  1. Cara Sarah mi è molto piaciuta la tua pagina critica,ma....
    per me il vero e unico " WUTHERING HEIGHTS" è il film con Laurence Oliver e Marlene Oberon,
    anno 1939, in un bellissimo bianco e nero d'epoca...c'è l' Heathcliff più affascinante di tutti !!! Il romanzo invece è molto diverso come spesso accade fra romanzo e film. Ross

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