Coincidenza: settimana scorsa ho visto “L’angolo dei lettori ribelli”
attraverso la vetrina di una libreria, e me ne sono innamorata già solo
per il titolo. Il giorno successivo mia nonna, dalla quale ho ereditato i
miei geni più librofili, torna dalla biblioteca civica e cosa mi porge,
se non proprio l’opera di Rebecca Makkai?!!! Era destino. L’ho divorato
in tre giorni, e in realtà dopo averlo iniziato non ho avuto molta
scelta: cosa non del tutto gradevole a dire il vero, questa volta. E’
uno di quei romanzi che ti avvinghiano come se avessero dei tentacoli da
piovra gigante, trasmettendo un fastidioso senso di impotenza.
La trama è abbastanza originale: una giovane bibliotecaria, Lucy, si
affeziona ad un bambino di dieci anni molto intelligente e un po’
emarginato, Ian. Lui ha genitori che lo mandano ad una scuola
pomeridiana atta a correggere presunte tendenze omosessuali; lei ha una
famiglia russa con conoscenze poco chiare un po’ ovunque, e può vantare
pochi bizzarri amici.
Lui, in lacrime, la convince ad intraprendere un
folle viaggio in macchina per mezza America senza una meta precisa,
purché lontano da casa; lei accetta intenerita con l’intenzione di
riportarlo indietro quanto prima, ma la situazione le sfugge nettamente
di mano…
Ed ecco che interviene quella sensazione di disagio a cui accennavo: il
lettore si immedesima in Lucy, che per tutto il tempo – e intendo per
TUTTO il tempo, senza mai un attimo di respiro - è dilaniata tra il
senso di colpa per aver “rapito” il piccolo (anche se è stato lui a
chiederlo) e il desiderio di cogliere l’occasione per mostrargli che il
mondo è diverso da come gliel’hanno sempre insegnato. Per fare questo
ricorre all’aiuto di parecchi individui esperti nel campo: Charlie
Bucket, Huckleberry Finn, Harry Potter, Bilbo Baggins, Dorothy e la sua
sgangherata compagnia… Tutti protagonisti di quei libri che Ian non ha
mai avuto il permesso di leggere, e che possono fargli scoprire come sia
giusto essere se stessi, non ciò che gli altri si aspettano da noi.
Ebbene, non sono riuscita a staccare il naso dalle pagine fino alla
fine, ma più per angoscia che per trasporto appassionato! Invece di una
confortante soddisfazione, mi è rimasto un po’ di amaro in bocca. Lascio
a voi giudicare: in fondo ciascuno può vivere un’esperienza diversa e
personale pur leggendo il medesimo romanzo. Tuttavia c’è una cosa sulla
quale concordo nel modo più assoluto con Lucy (e, immagino, con Rebecca
Makkai), e che ritengo incontestabile: la letteratura può davvero
cambiare la vita. Pensateci!
Buona lettura!
Francis
Il titolo e l'idea mi ispirano un sacco, penso che approfitterò del natale in arrivo per metterci su le mani.
RispondiEliminache dire? Intrigante! Erika
RispondiElimina